Fabrizio Corona e la sua (discutibile) operazione di rivelare le preferenze sessuali dei calciatori: dietro il trash c’è qualcosa di più profondo
Fabrizio Corona è tornato a fare ciò che sa fare meglio: scuotere l’albero della normalità con la delicatezza di un elefante in una cristalleria. Stavolta, però, la questione è tutt’altro che banale o pruriginosa. In una delle sue solite dirette esplosive, Corona ha deciso di rivelare l’identità di alcuni calciatori gay della Serie A.
Prima erano tre nomi, adesso ne è spuntato un quarto, e non uno qualsiasi: “uno degli attaccanti più forti del nostro campionato”. La reazione? Curiosità, polemiche, e quel solito chiacchiericcio da bar che siamo abituati a sentire. Ma dietro queste rivelazioni c’è un tema molto più grande di una mera lista di nomi.
Più di ogni altra cosa, ci interessa ragionare su cosa c’è davvero dietro tutta questa vicenda. Fabrizio Corona, con il suo stile irriverente, è tornato a toccare un tasto dolente. Sì, perché al di là del sensazionalismo e della spettacolarizzazione, esiste un tema serissimo: nel 2024, il mondo del calcio è ancora paralizzato dall’idea che un calciatore possa essere apertamente gay. E questo è qualcosa che non possiamo ignorare.
Diciamolo chiaramente: Fabrizio Corona non è un paladino tradizionale dei diritti civili, e il suo approccio è tutt’altro che ortodosso. Da una parte, sta violando la privacy di giovani atleti che non hanno scelto di condividere pubblicamente il loro orientamento. Ma dall’altra, c’è un tentativo – forse anche sincero – di mettere il dito nella piaga e smascherare l’ipocrisia di un sistema che non permette ai propri giocatori di essere liberi. E per quanto discutibile sia il metodo, l’obiettivo di aprire un dibattito su una questione così importante è sicuramente lodevole.
Fabrizio Corona scoperchia il marcio: non i gay nel calcio ma il sistema calcio
Corona, con la sua provocazione, ha messo in luce una verità che pochi hanno il coraggio di affrontare: il calcio è ancora prigioniero di una mentalità retrograda. Secondo quanto riferito da Corona, una fonte attendibile – tra l’altro, un ragazzo omosessuale che gli ha confidato la sua esperienza – ha spiegato che molti calciatori sarebbero pronti a fare coming out, se solo potessero.
Il problema? Quel famoso “Sistema”, fatto di club, allenatori e persino la complicità della Lega, tutti ben determinati a mantenere la facciata di un calcio machista e conservatore.
Parliamo di un sistema che considera l’omosessualità una minaccia, un fattore destabilizzante che potrebbe mettere a rischio l’immagine e gli interessi economici dei club. Così, i giocatori restano in gabbia, incapaci di essere chi sono davvero. E qui sta il punto: mentre il resto della società compie progressi, il calcio rimane ancorato a pregiudizi che impediscono agli atleti di vivere apertamente la loro vita. È una vera e propria piaga sociale, un muro che sembra insormontabile, nonostante la modernità e l’apparente apertura di cui questo sport ama vantarsi.
Le parole di Corona sono dure, ma non prive di significato: “Il fatto gravissimo di questa mia inchiesta è che nel 2024 un calciatore di Serie A non può ancora fare coming out senza essere minacciato sui rinnovi di contratti e sulla sua titolarità futura”. Questa è una denuncia forte contro un mondo che si dichiara inclusivo, ma che nei fatti non offre agli atleti la libertà di essere se stessi. Se il clamore sollevato da Corona riuscisse a far riflettere l’opinione pubblica e, chissà, anche i vertici del calcio, allora forse il suo gesto, per quanto controverso, non sarebbe stato vano.
Corona sbaglia nei modi ma non nelle intenzioni
Se vi aspettate che vi sveliamo i nomi fatti dal re del gossip cercatevi un altro articolo: qui non ci interessa fare del pettegolezzo trash ma siamo molto più interessati a quali sono le dinamiche che vuole smuovere questa iniziativa. È facile criticare Corona per i suoi modi: irriverente, invadente, trash, completamente privo di tatto. Ma è altrettanto vero che il calcio, un ambiente che dovrebbe rappresentare i valori dell’unione e dell’inclusività, continua a rimanere schiavo dei propri tabù.
Forse ci voleva proprio qualcuno come lui per scoperchiare questo vaso di Pandora e costringerci a guardare il problema negli occhi. Perché la vera domanda è: possiamo davvero permetterci, nel 2024, di avere ancora un mondo del calcio che tiene i propri atleti in ostaggio, impedendo loro di essere chi sono?
Forse no. E forse, proprio grazie al metodo irriverente di Corona, questa discussione potrebbe finalmente trovare spazio. Anche se a spingere la porta è qualcuno che spesso crea scandalo, è innegabile che in questo caso il rumore era necessario. Il calcio ha bisogno di cambiare, e forse il primo passo è proprio quello di far saltare per aria, una volta per tutte, il silenzio ipocrita che lo circonda.