Mutuo 2025, sei una partita iva e sogno di avere un prestito dalla banca per comprare casa? Ecco quanto dovresti fatturare per riuscirci
Cosa succede quando, da lavoratore autonomo, senti di avere finalmente la possibilità economica di acquistare casa e pensi: “Posso ottenere un mutuo anche io?”. Chi lavora con partita IVA, infatti, sa quanto sia complesso farsi considerare un cliente affidabile dalle banche. A differenza dei lavoratori dipendenti, non ha la sicurezza di una busta paga mensile, e questo spesso porta a frustrazione, soprattutto quando si scopre di avere fatturato abbastanza, ma di non rispettare altri requisiti e di conseguenza di non poter avere il prestito spesso e volentieri.
Per chi lavora in proprio la strada verso un mutuo è caratterizzata da ostacoli che rendono difficile il dialogo con le banche. Questi istituti, infatti, valutano attentamente il profilo di rischio dei richiedenti, e chi non ha un contratto a tempo indeterminato è spesso visto come “meno affidabile” rispetto a un lavoratore dipendente. Le banche cercano certezze: preferiscono clienti che, in caso di imprevisti, abbiano un flusso di entrate stabile e prevedibile.
Il problema? L’autonomia può far sembrare il reddito di un freelance incostante agli occhi delle banche. Anche se una persona ha fatturati alti, il timore di eventuali periodi di inattività o la possibilità di incassi incerti possono diventare veri e propri freni.
Non esiste una risposta universale. Ogni banca applica criteri diversi, ma in generale, una regola comune è che l’importo del mutuo non dovrebbe superare un terzo del reddito annuale netto del richiedente. Tuttavia, c’è un dettaglio importante per i freelance: la banca non considera il fatturato totale come il “reddito”. Calcola invece solo il reddito netto, quindi l’importo che rimane una volta tolte le spese. Per questo, spesso occorre avere un fatturato superiore rispetto ai lavoratori dipendenti per compensare le oscillazioni e garantire una certa stabilità.
In media, per ottenere un mutuo che possa coprire l’acquisto di un immobile di valore medio, potrebbe essere necessario un reddito netto annuale che superi i 30.000-40.000 euro. Un fatturato lordo ideale? Probabilmente si avvicina o supera i 60.000 euro annui, tenendo conto di spese, tasse e margini di fluttuazione.
Richiedere un mutuo con una busta paga è, in generale, molto più semplice rispetto a farlo come lavoratore autonomo. La busta paga rappresenta per le banche una garanzia di stabilità, perché proviene da un contratto di lavoro dipendente, generalmente con un impegno mensile fisso. In Italia, gli istituti di credito considerano molto più affidabili i lavoratori che possono esibire un contratto a tempo indeterminato o a lungo termine, in quanto il loro reddito è prevedibile e regolare.
Questo si traduce in un’analisi di rischio più favorevole, poiché un dipendente ha meno probabilità di dover affrontare periodi senza entrate, specialmente se protetto da misure di welfare come la cassa integrazione o altri ammortizzatori sociali. La documentazione richiesta per il mutuo in questo caso è spesso ridotta al minimo: basta presentare alcune buste paga, la dichiarazione dei redditi e, a volte, una copia del contratto di lavoro. Questa apparente “preferenza” delle banche per chi ha un lavoro dipendente si basa, dunque, su un modello di rischio più favorevole che riduce al minimo le variabili da considerare.
Dall’altra parte, per chi lavora con partita IVA, ottenere un mutuo può essere molto più complesso. Il reddito di un lavoratore autonomo è spesso variabile e soggetto a fluttuazioni legate al mercato, alla stagionalità e a vari fattori esterni che le banche percepiscono come instabili. Inoltre, la mancanza di una busta paga mensile implica che l’istituto di credito debba analizzare non solo il fatturato annuale, ma anche la consistenza delle entrate nel tempo, per capire se vi sia una reale capacità di sostenere la rata del mutuo.
La banca, quindi, richiede molta più documentazione: oltre all’ultimo Modello Unico o alla dichiarazione dei redditi degli ultimi anni, può essere necessario dimostrare eventuali contratti a lungo termine, accordi ricorrenti con clienti importanti o documenti che attestino l’andamento stabile del fatturato. In certi casi, la banca potrebbe richiedere la presenza di un garante o un co-obbligato, oppure ridurre l’importo erogabile o la percentuale di finanziamento dell’immobile, costringendo il richiedente ad anticipare una quota maggiore del capitale.
Tutto questo rende il processo più lungo e, per certi versi, più incerto, mettendo spesso i lavoratori autonomi di fronte alla necessità di giustificare la propria solidità finanziaria in modi ben più articolati rispetto ai lavoratori dipendenti.
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