Pensioni di reversibilità, scatta l’aumento da gennaio 2025: ecco perché e soprattutto di quanto. Tutte le cifre fascia per fascia
Cosa accade alla pensione di un lavoratore o pensionato al momento della sua scomparsa? È una domanda che molti si pongono, soprattutto quando si considera la sicurezza economica della famiglia. La pensione di reversibilità è una prestazione essenziale erogata dall’INPS per tutelare i familiari di un pensionato o assicurato venuto a mancare. Ma a chi spetta, come funziona e quali sono i criteri per ottenerla?
La pensione di reversibilità è una somma mensile che l’INPS eroga ai familiari del pensionato deceduto. Si tratta di una forma di assistenza economica pensata per aiutare chi ha perso un sostegno finanziario fondamentale, e viene calcolata in base all’importo della pensione percepita dal defunto. Questo tipo di prestazione si rivolge principalmente ai congiunti stretti, come coniuge, figli o altri familiari che soddisfano requisiti specifici.
In primo luogo, la pensione di reversibilità è destinata al coniuge superstite del defunto. Il coniuge, sia sposato che unito civilmente, ha il diritto di ricevere una quota della pensione che il marito o la moglie percepiva o avrebbe percepito. Tuttavia, se la coppia era separata, il coniuge ha diritto alla pensione solo se non era stato stabilito l’addebito della separazione. Se invece il coniuge superstite è divorziato, può comunque ricevere la pensione di reversibilità a patto che percepisca un assegno divorzile e che il defunto non si sia risposato.
Oltre al coniuge, la pensione di reversibilità può essere riconosciuta ai figli del defunto, ma solo se soddisfano alcune condizioni. I figli hanno diritto alla pensione di reversibilità fino al compimento dei 18 anni; oltre questa età, l’erogazione continua solo se i figli sono studenti (fino a 21 anni per le scuole medie superiori e fino a 26 anni per l’università) o se sono inabili al lavoro, senza limiti di età. In quest’ultimo caso, l’INPS richiede che l’inabilità sia stata accertata secondo criteri specifici.
Infine, anche i genitori o i fratelli e sorelle del defunto possono avere diritto alla reversibilità, ma solo se risultano economicamente dipendenti dal defunto e non hanno altri mezzi di sostentamento. Questo caso è meno comune, ma rappresenta una tutela importante per quei familiari che, senza il supporto del congiunto deceduto, si troverebbero in condizioni di disagio economico.
La pensione di reversibilità non copre mai l’intero importo della pensione del defunto, ma una percentuale di essa. Il calcolo dipende dal grado di parentela e dalla presenza di più beneficiari:
Va inoltre considerato che la pensione di reversibilità può essere soggetta a riduzioni nel caso in cui il reddito del beneficiario superi determinati limiti stabiliti dalla legge. In particolare, l’importo si riduce di una certa percentuale se il reddito è oltre una determinata soglia. Questo meccanismo, noto come “decalage”, si applica per garantire che le risorse siano distribuite con equità.
Per ottenere la pensione di reversibilità, i familiari devono presentare una domanda direttamente all’INPS, attraverso i suoi canali online, il contact center, oppure rivolgendosi a un patronato. La domanda richiede la compilazione di moduli specifici e la presentazione di alcuni documenti, come il certificato di morte e le dichiarazioni relative alla composizione del nucleo familiare. È fondamentale presentare la domanda il prima possibile per evitare ritardi nell’erogazione dell’importo spettante.
A partire da gennaio 2025, anche la pensione di reversibilità sarà adeguata al costo della vita attraverso il meccanismo della rivalutazione annuale. Questo processo permette di adeguare l’importo degli assegni previdenziali, compresi quelli di reversibilità, all’inflazione. Tuttavia, in anni di deflazione o quando l’inflazione è zero, la rivalutazione non viene applicata. Per il 2025, le previsioni suggeriscono un aumento limitato, stimato attorno all’1%: un incremento modesto rispetto ai tassi più elevati del passato recente, quando l’inflazione ha raggiunto valori notevoli, come l’8,1% e il 5,4% negli ultimi due anni.
Secondo le regole in vigore, quando l’importo mensile è pari o inferiore a 4 volte il trattamento minimo (2.394,44€), la rivalutazione applicata è del 100% del tasso d’inflazione stimato, cioè l’1%. Superando questa soglia, la rivalutazione diminuisce progressivamente:
Per una pensione mensile di 1.500€, rientrando interamente nella fascia fino a 4 volte il trattamento minimo, si applicherà una rivalutazione del 100% dell’inflazione stimata, ossia un 1%. In questo caso, l’aumento mensile sarà di 15€ (1.500€ x 1%).
Similmente, una pensione di 1.000€, anch’essa al di sotto della soglia di 4 volte il minimo, riceverà una rivalutazione del 100%. Applicando un 1% di aumento, il beneficio mensile sarà di 10€ (1.000€ x 1%).
In entrambi i casi, l’incremento resta contenuto, considerando che si tratta di un adeguamento annuale limitato a un’inflazione stimata bassa.
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