Non tutti sanno che ci sono controlli dell’Agenzia delle Entrate sul mutuo di casa, ma come evitarli? Attenzione a questi casi.
La recente ordinanza della Corte di Cassazione ha sollevato un importante punto di discussione riguardante la tassazione delle plusvalenze immobiliari, in particolare quando il mutuo ottenuto per l’acquisto di un immobile supera il prezzo di vendita dichiarato.
Questo scenario apre la porta a possibili richieste da parte dell’Agenzia delle Entrate per maggiori imposte, basandosi su una discrepanza che potrebbe indicare una sottovalutazione del valore dell’immobile ai fini fiscali.
Mutuo casa, come evitare controlli del Fisco
L’Agenzia delle Entrate svolge un ruolo cruciale nella lotta contro l’evasione fiscale, cercando costantemente di individuare e contrastare le false dichiarazioni. In Italia prevale il principio dell’autoliquidazione, che impone ai contribuenti il calcolo e il versamento delle imposte basandosi sui parametri legali. Tuttavia, l’Agenzia ha la facoltà di effettuare controlli diretti per rideterminare la base imponibile, soprattutto in casi dove emergono discrepanze significative tra i valori dichiarati e quelli ritenuti realistici.
Un caso emblematico è stato quello analizzato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 25854 del 27/09/2024. La questione centrale riguardava una società immobiliare cui erano stati contestati i prezzi di vendita degli immobili per l’anno d’imposta 2005. L’accusa derivava dal confronto tra i prezzi dichiarati e gli importi dei mutui concessi agli acquirenti, superiori a tali valori e anche alle stime bancarie. Di fronte a questa evidenza, l’Agenzia delle Entrate ha proceduto con un accertamento induttivo per recuperare le imposte dovute sulla base dei maggiori importi.
La società coinvolta aveva impugnato la decisione presso la Commissione tributaria provinciale senza successo; tuttavia, in appello presso la Commissione tributaria regionale era riuscita ad ottenere un esito favorevole. L’intervento della Corte di Cassazione è stato quindi determinante nel fornire una chiara interpretazione legale: è stato confermato che gli elementi utilizzati dall’Agenzia (importo del mutuo concesso e stime bancarie) sono validi ai fini dell’accertamento induttivo.
Questa sentenza sottolinea come sia possibile utilizzare presunzioni semplici – purché caratterizzate da gravità, precisione e concordanza – per rettificare i redditi d’impresa o correggere le dichiarazioni relative al valore degli immobili venduti. La decisione ribadisce quindi un principio già consolidato nella giurisprudenza (Cassazione n. 4076/2020), ovvero che anche solo una differenza tra prezzo dichiarato e importo del mutuo può essere sufficientemente indicativa del reale valore dell’immobile ai fini fiscali.
Questa sentenza rappresenta un ulteriore passaggio nel continuo sforzo delle autorità fiscali italiane nel garantire trasparenza ed equità nel settore immobiliare, ponendo attenzione particolare alle operazioni che potrebbero nascondere tentativi di evasione fiscale attraverso la sottovalutazione dei beni immobili.