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Economia e Finanza

Cosa può farti l’Agenzia Entrate se hai debiti ma sei un nullatenente

Cartelle esattoriali e debiti in generale col Fisco, cosa può farti l’Agenzia delle Entrate se risulti nullatenente? Ecco tutti gli scenari da considerare 

In Italia la gestione dei debiti fiscali è una questione complessa, specialmente quando il debitore risulta essere un nullatenente, ovvero una persona priva di beni intestati. Ma cosa accade esattamente quando la persona ‘inseguita’ dal Fisco è nullatenente e quali sono le possibilità di recupero crediti per l’Agenzia delle Entrate in questi casi? Una situazione, questa, che riguarda migliaia e migliaia di italiani che, per colpe o per circostanze, si ritrovano attualmente in questa condizione.

Agenzia delle Entrate, cosa può farti se hai debiti e non paghi – Istitutonervilentini.it

Essere nullatenente significa non possedere alcun bene mobile o immobile intestato a proprio nome: niente proprietà, veicoli o altri asset che possano essere oggetto di pignoramento. Tuttavia, quando una persona si trova in questa condizione e, al contempo, accumula debiti con il Fisco o altre entità creditrici, l’Agenzia delle Entrate non rinuncia automaticamente al recupero della somma. Anzi, esistono strategie e strumenti legali che possono essere adottati per tutelare il credito vantato, anche a lungo termine.

Cosa può fare l’Agenzia delle Entrate per recuperare il credito?

Nonostante la mancanza di beni immediatamente aggredibili, l’Agenzia delle Entrate dispone di alcune leve legali per monitorare la situazione del debitore nel tempo.

Anche se all’apparenza non può fare molto, l’Agenzia ha alcune ‘carte’ da potersi giocare.

  1. Controlli periodici: l’Agenzia può decidere di effettuare verifiche periodiche sui conti bancari, su eventuali mutamenti nella situazione patrimoniale e sui movimenti finanziari dell’individuo. Se in futuro dovessero comparire dei redditi o delle proprietà, il Fisco potrebbe agire tempestivamente per riscuotere la somma dovuta.
  2. Iscrizione a ruolo: il debito viene iscritto a ruolo e affidato alla riscossione tramite l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Questo significa che la pratica non viene “archiviata” per mancanza di beni; piuttosto, l’importo rimane registrato, pronto per essere riscuotibile in caso di cambiamenti futuri.
  3. Sanzioni e interessi: i debiti fiscali non restano statici, e qui entra in gioco un altro elemento critico: interessi e sanzioni. Anche se la persona non ha beni al momento, la cifra da restituire potrebbe continuare a crescere, creando una situazione sempre più difficile da risolvere nel tempo.

E se il nullatenente riceve un’eredità o un bene in futuro?

Questa è una delle situazioni più delicate e, per certi versi, rischiose per chi ha un debito con il Fisco: se un nullatenente riceve, ad esempio, un’eredità o intesta a sé stesso dei beni, l’Agenzia delle Entrate può immediatamente avanzare una richiesta di riscossione su questi nuovi beni. Lo stesso vale per eventuali aumenti di reddito che possano derivare da un cambio di lavoro o da una promozione.

Non solo: esistono strumenti come il pignoramento presso terzi che permettono all’Agenzia delle Entrate di trattenere una parte di somme che il debitore riceve, come ad esempio il TFR, il reddito da lavoro o anche somme depositate su un conto corrente.

Pignoramento sui beni di moglie e figli: quando è possibile?

In linea generale, i debiti fiscali sono personali: ciò significa che il Fisco può agire solo nei confronti dei beni e delle entrate intestate al debitore. Tuttavia, in alcuni casi specifici, l’Agenzia delle Entrate può estendere il proprio intervento su conti o beni condivisi tra il debitore e altri familiari, tra cui moglie e figli maggiorenni, ma solo se:

  1. Esistono conti correnti o beni cointestati: se il debitore condivide un conto corrente o un altro tipo di bene con una terza persona, l’Agenzia delle Entrate può decidere di pignorare una parte di quelle somme. Tuttavia, sarà necessario verificare che il denaro presente sul conto sia realmente appartenente al debitore. In altre parole, non si può pignorare l’intero importo presente su un conto cointestato, ma solo la quota appartenente al debitore, di norma il 50%, salvo prove contrarie.
  2. Viene dimostrato un trasferimento fittizio: se il debitore trasferisce i propri beni o somme di denaro a moglie, figli o altri familiari in modo da sottrarli a un eventuale pignoramento, il Fisco può procedere con azioni legali, come la revocatoria fallimentare. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate deve dimostrare che i trasferimenti sono avvenuti allo scopo di evitare il pagamento del debito. In situazioni di questo tipo, la legge prevede che il trasferimento possa essere annullato e i beni recuperati.

Pignoramento dello stipendio e dei depositi bancari

Agenzia delle Entrate debiti, cosa succede se si va ad oltranza – Istitutonervilentini.it

Quando un debitore ha uno stipendio, un reddito regolare o somme depositate su conti bancari, l’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di attivare il pignoramento presso terzi per ottenere una parte di queste somme. Vediamo come funziona:

  1. Pignoramento dello stipendio: Il pignoramento può avvenire direttamente alla fonte, cioè attraverso il datore di lavoro. La legge italiana stabilisce dei limiti percentuali per il pignoramento dello stipendio, al fine di garantire comunque una parte di reddito al debitore. Di norma, il pignoramento non può superare un quinto (20%) dello stipendio netto mensile del debitore. Questo limite è pensato per tutelare la persona da un indebitamento eccessivo che le impedisca di sostenere le spese quotidiane, pur consentendo all’Agenzia di recuperare almeno una parte del credito.
  2. Pignoramento del TFR: Se il debitore termina il proprio rapporto di lavoro e riceve un trattamento di fine rapporto (TFR), il Fisco può richiedere di trattenere una quota di questa somma. In questo caso, il limite è fissato generalmente al 50% dell’importo totale del TFR. Tuttavia, questa percentuale può variare in base alla situazione specifica e all’ammontare del debito complessivo.
  3. Pignoramento del conto corrente: Il pignoramento può riguardare anche i depositi bancari, nel caso in cui il debitore abbia conti con somme depositate. L’Agenzia delle Entrate può richiedere al giudice l’autorizzazione a prelevare direttamente dal conto del debitore le somme necessarie a soddisfare, parzialmente o completamente, il debito. Se il debitore riceve uno stipendio o una pensione sul conto, il pignoramento è limitato solo alle somme eccedenti una certa soglia, definita dalla legge, per garantire il minimo necessario al sostentamento del debitore.

Tornando al pignoramento presso terzi anche piuttosto temuto, l’Agenzia delle Entrate adotta il pignoramento presso terzi come misura di riscossione diretta, ma si tratta di un procedimento che deve rispettare alcuni vincoli legali. Il pignoramento non è una misura permanente; nel caso del reddito, ad esempio, viene applicato solo finché non viene saldato il debito. Questo significa che, se il debitore riesce a estinguere la propria posizione debitoria, anche parzialmente, il pignoramento si conclude e le trattenute cessano.

 

Pasquale Di Napoli

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