In molti si sono chiesti: ma in caso di divorzio, o separazione, di una coppia a chi va il cane? Finalmente c’è una risposta.
Si dice spesso che “I figli so’ piezz’ e core.” Ma, finalmente anche per lo Stato Italiano, lo sono anche gli animali domestici. In un contesto sociale in cui il legame affettivo tra umani e animali si fa sempre più intenso, la giurisprudenza italiana ha compiuto passi significativi verso il riconoscimento di questo rapporto speciale.
Ormai i Giudici ammettono la possibilità di regolamentare l’affidamento degli animali domestici all’interno degli accordi di separazione o divorzio, ponendo le basi per una nuova concezione dell’animale all’interno del nucleo familiare.
Un decreto della Cassazione datato 13 marzo 2013 ha segnato una svolta importante: “[…] Il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore”. Questa decisione rappresenta un cambiamento radicale nella percezione legale dell’animale da compagnia che cessa di essere visto come un semplice bene-oggetto appartenente alla coppia per diventare un essere titolare di diritti.
La sentenza in questione stabilisce che gli ex coniugi debbano accordarsi sulle condizioni del mantenimento dell’animale domestico (nel caso specifico, un gatto) e sulla sua permanenza presso l’abitazione dove risiede la figlia minore dei separati. La ragazza si prenderà cura dell’animale sostenendo le relative spese ordinarie mentre quelle straordinarie dovranno essere ripartite equamente tra i genitori. Questa disposizione mette in evidenza l’intenzione del legislatore di trattare l’animale con lo stesso riguardo riservato ai membri umani della famiglia.
Il Trattato di Lisbona entrato in vigore il 13 dicembre 2007 ha introdotto la definizione degli animali come “esseri senzienti”, enfatizzando la necessità che le politiche europee tengano conto delle loro esigenze. Questa visione pone le basi per una tutela giuridica più ampia degli animali da compagnia, riconoscendone ufficialmente la capacità di sensazione e negando implicitamente che possano essere considerati meramente come proprietà.
La sentenza della Cassazione non solo crea un precedente importante nella legislazione italiana ma apre anche a nuove riflessioni sul posto che gli animali occupano nelle nostre vite. La loro considerazione come membri effettivi delle nostre famiglie implica responsabilità ma anche diritti che vanno oltre la semplice proprietà ed entra nel dominio dell’affetto e del benessere reciproco.
Sebbene non vi sia ancora una normativa specifica che regoli dettagliatamente questi aspetti nei casi di separazioni o divorzi senza minori coinvolti, è chiaro che l’intensità del rapporto tra animale e proprietario sarà sempre più presa in considerazione dai giudici italiani nel determinare le modalità migliori per garantire il benessere dell'”essere senziente” coinvolto.
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