Un’azione che compiamo tutti, eppure in pochi conoscono i reali pericoli di uno screenshot di WhatsApp: cosa si rischia.
In un’epoca in cui la comunicazione digitale è diventata parte integrante della nostra vita quotidiana, le chat di WhatsApp si sono trasformate in veri e propri spazi di condivisione, dove si discute liberamente di tutto, inclusi i rapporti lavorativi.
Tuttavia, quando la libertà di espressione incrocia il sentiero della critica verso il datore di lavoro o i colleghi, sorgono dubbi legittimi riguardo alle possibili conseguenze legali.
La diffamazione è un reato che richiede specifiche condizioni per essere configurato: l’uso di un linguaggio che supera il limite del diritto alla critica, l’assenza della persona offesa e la presenza di almeno due testimoni. In una chat WhatsApp, quindi, parlare male del proprio datore di lavoro può configurarsi come diffamazione solo se il messaggio raggiunge almeno altre due persone oltre all’autore. Questo significa che uno sfogo privato tra due individui non costituisce reato a meno che non intervengano particolari circostanze.
Nonostante ciò, esistono situazioni in cui anche una conversazione ritenuta privata può trasformarsi in un caso giudiziario. Ad esempio, se le stesse parole vengono ripetute a più persone in momenti diversi o se si sa che il destinatario condividerà quanto detto con altri. In questi casi, la legge prevede la possibilità per il soggetto offeso di procedere per vie legali contro chi ha espresso tali critiche.
Oltre alla sfera penale relativa alla diffamazione, emerge anche la questione del possibile licenziamento per giusta causa qualora le critiche superino i limiti impostati dalla legge e dalla giurisprudenza italiana. La Corte Suprema ha chiarito che ogni lavoratore ha diritto alla critica purché questa sia contenuta nei modi e fondata su elementi oggettivi. Tuttavia l’espressione ingiuriosa o lesiva dell’onore professionale può portare a conseguenze severe sul posto di lavoro.
Un aspetto fondamentale da considerare è quello relativo alla natura privata delle conversazioni su piattaforme come WhatsApp. La giurisprudenza tende a proteggere tali dialoghi dall’essere utilizzati come base per decisioni drastiche quali il licenziamento, soprattutto quando queste comunicazioni avvengono in contesto confidenziale senza intenzione alcuna da parte dei partecipanti di renderle pubbliche.
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