Guidare un’auto non intestata a se stessi è pratica comunque, ma ora si rischia davvero grosso ai posti di blocco: senza questo documento si rischia infatti la batosta
Auto mia, ma intestata a papà. Una dinamica molto diffusa in tutte le famiglie italiane e i motivi sono facilmente intuibili. Ovvero ridurre i costi di gestione del veicolo, semplificare la documentazione necessaria per acquistare l’auto o, più comunemente, sfruttare la classe di merito dell’assicurazione più favorevole del genitore. Questa soluzione, apparentemente conveniente, permette di evitare tariffe assicurative più alte per i neopatentati o per chi ha meno esperienza di guida o pur avendone non ha beneficiato magari della Legge Bersani.
Ma non è solo questione di Rc auto. Tale scenario diventa un’opportunità anche in sede di acquisto. Un figlio che sa di poter pagare la rata mensile di una nuova auto ma che non ha la documentazione adatta per poterla acquistare direttamente, come una busta paga convincente al 100% o trattandosi di una partita iva, si rifà al padre per l’acquisto del mezzo così da eludere il problema. Ed è esattamente così che poi si creano queste condizioni assolutamente legali e in buona fede con lo scopo di arrivare all’obiettivo o risparmiare un bel po’ di soldi.
Tuttavia dietro questa pratica si nascondono dei rischi legali poco conosciuti, legati alla normativa sull’utilizzo abituale di un veicolo intestato a un’altra persona. Quando un figlio, o qualsiasi altra persona, utilizza un’auto intestata a qualcun altro per più di 30 giorni consecutivi, è necessario rispettare delle regole precise che, se ignorate, possono portare a sanzioni amministrative molto salate.
Le norme che regolano l’utilizzo continuativo di un veicolo intestato a qualcun altro esistono per garantire che la carta di circolazione riporti sempre il nome del conducente abituale del mezzo. Questo serve a tutelare sia il proprietario che lo Stato in caso di incidenti, multe o altre circostanze legate all’uso dell’auto. In altre parole, la legge cerca di garantire che chi guida effettivamente il veicolo sia sempre identificabile, evitando confusioni o responsabilità non chiare.
La normativa dunque stabilisce che se una persona diversa dall’intestatario usa il veicolo per più di 30 giorni consecutivi, il proprietario è obbligato a comunicare il nome del nuovo utilizzatore alla Motorizzazione Civile, che provvederà ad aggiornare la carta di circolazione. Ciò significa che, pur restando formalmente proprietario, chi presta la propria auto a un parente o a un amico per un periodo superiore a un mese deve assicurarsi che questa modifica venga registrata. È una procedura che spesso sfugge perché si pensa che l’auto possa essere liberamente prestata tra persone di fiducia senza conseguenze legali. Ma non è così.
Tuttavia la legge prevede delle eccezioni che rendono la vita un po’ più semplice. In alcuni casi specifici non è necessario fare questa comunicazione alla Motorizzazione e quindi l’utilizzo continuativo dell’auto da parte di un familiare non comporta il rischio di sanzioni. Le principali eccezioni riguardano situazioni molto comuni, e sebbene possano sembrare intuitive, è importante conoscerle per evitare errori.
Se si supera il limite dei 30 giorni senza aggiornare la carta di circolazione, le sanzioni amministrative sono particolarmente pesanti. Le multe vanno da 728 a 3.636 euro e in alcuni casi estremi e recidivi si può arrivare anche al fermo amministrativo del veicolo.
Ovviamente è inutile dire che pagare una multa così alta per una semplice comunicazione non vale assolutamente la pena. Ecco perché, se si rientra in questa dinamica, è assolutamente e fortemente consigliato di procedere secondo le regole senza correre rischi gratuiti. E nel caso in cui finora non foste informati, ora lo siete. In quel caso bisogna provvedere correndo subito alla Motorizzazione più vicina.
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