Quanto mi spetterebbe di pensione in caso di dipartita di mio marito? Ecco come fare il calcolo e a cosa prestare attenzione.
La pensione di reversibilità rappresenta un pilastro fondamentale nel sistema di welfare italiano, offrendo supporto economico ai familiari dei lavoratori o pensionati deceduti.
L’INPS, ente previdenziale italiano, stabilisce criteri specifici per l’assegnazione e il calcolo di questa prestazione, che varia a seconda del grado di parentela con il defunto.
Il diritto alla pensione di reversibilità è determinato da legami familiari stretti con il defunto. Il coniuge superstite riceve una quota pari al 60% della pensione originaria del titolare, mentre un figlio unico ha diritto al 70%. La percentuale aumenta all’80% per due figli superstiti e raggiunge il 100% in presenza di tre o più figli. In assenza sia del coniuge che dei figli, la pensione può essere erogata a genitori o fratelli/sorelle non sposati che fossero a carico del defunto.
L’accesso alla pensione di reversibilità è soggetto a limitazioni basate sul reddito personale del beneficiario. Questi limiti sono aggiornati annualmente in base all’inflazione e ad altri fattori economici. Per l’anno 2024 sono stati introdotti nuovi limiti reddituali che influenzano l’ammontare della prestazione erogabile. Ad esempio, non si applicano decurtazioni per redditi fino a 23.345,79 euro, tuttavia, si registrano tagli progressivi fino al 50% per redditi superiori ai 38.909,65 euro.
Per comprendere meglio le implicazioni dei nuovi limiti reddituali previsti per il 2024 sulla pensione di reversibilità, consideriamo un esempio pratico: una coppia in cui entrambi i partner ricevono una pensione mensile lorda da 2000 euro ciascuno. Alla morte dell’uno dei due congiunti, il superstite avrebbe teoricamente diritto al 60% dell’assegno originario (1200 euro). Tuttavia, data la fascia reddituale in cui si trova (24.000 euro annui), subirà una riduzione del beneficio del 25%, percependo quindi solo 900 euro mensili.
Una recentissima sentenza della Corte Costituzionale interviene sul tema delle decurtazioni applicate alla pensione di reversibilità in caso di cumulo con altri redditi percettibili dal beneficiario. Secondo quanto stabilito dalla Consulta nella sentenza n°162/2022, tali riduzioni non possono eccedere l’importo totale degli altri redditi conseguiti dal superstite. Ciò evita paradossali situazioni penalizzanti anziché protettive nei confronti dei beneficiari.
Nonostante le restrizioni impostate dai nuovi limiti reddituali per il prossimo anno fiscale riguardanti la maggior parte dei beneficiari della pensione di reversibilità, vi sono specifiche condizioni sotto le quali i superstiti possono essere esentati da qualsiasi forma di taglio sulla loro prestazione previdenziale. Ad esempio, la presenza nel nucleo familiare di figli fino ai ventuno anni d’età (ventisei se studenti) o disabili. Inoltre alcune tipologie di reddito vengono escluse dal computo del limite massimo consentito per evitare decurtazioni sulla pensione di reversibilità, come ad esempio il valore della casa o il trattamento di fine rapporto lavorativo.
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